Cronistoria del Fregio dell’arte della guerra


Federico da Montefeltro intraprese il progetto della fabbrica del Palazzo Ducale nel 1454 circa. Inizialmente i lavori furono affidati probabilmente a Maso di Bartolomeo. Nel 1467 Federico assegnò l’incarico a Luciano Laurana con la famosa patente in cui lo chiama “Ingegnero”. Tra il 1474 e il 1476 Francesco di Giorgio Martini sostituì Laurana, rimanendo al servizio del Duca di Urbino fino al 1485. La costruzione e l’ammodernamento del Palazzo continueranno fino al 1560. Seguiranno poi ulteriori modifiche, fatte di spoliazioni e cambiamenti di importanza non rilevante, fino al 1631, anno della devoluzione del Ducato alla Chiesa di Roma.

La realizzazione del Fregio dell’arte della guerra è collocabile tra il 1474 circa e il 1481. L’epiteto “arte della guerra” si impose a seguito del tema militare che caratterizza molti dei bassorilievi e, soprattutto, alla luce della descrizione di Luca Pacioli. Per Fregio dell’arte della guerra si intendono quei 72 bassorilievi (formelle) in pietra raffiguranti trofei, simboli, armi, macchine civili e di guerra che un tempo erano posizionati lungo la spalliera del sedile della facciata del Palazzo Ducale di Urbino. Gli studiosi hanno individuato nel Fregio molti riferimenti al Papa Sisto IV della Rovere. Pertanto, concordano nel delimitare il periodo di esecuzione di tutti i rilievi tra il 1474 e il 1481, cioè dalle prime onorificenze del Papa all’anno in cui rapporti tra i due si ruppero definitivamente. In questo lasso di tempo l’esecutore o il capomastro dei lapicidi e scultori dovrebbe essere stato Ambrogio Barocci. Sicuramente Ambrogio Barocci ha lavorato alle decorazioni della porta dell’appartamento della duchessa. In questi locali compaiono simboli riconducibili al Fregio.

I bassorilievi in pietra, le cosiddette formelle, rappresentano macchine di uso civile e militare, armi e simboli militari. Gli studiosi hanno individuato la matrice dei bassorilievi nei disegni di Roberto Valturio, Mariano di Jacopo detto Taccola, Francesco di Giorgio Martini e Giuliano da Sangallo.

Quando Francesco di Giorgio arrivò a Urbino il Fregio era già in lavorazione. Probabilmente i bassorilievi più antichi sono quelli realizzati dai disegni di Roberto Valturio contenuti nel De re militari. Il De re militari (Bav. Urb. Lat. 281) entrò nella biblioteca di Federico da Montefeltro forse per interesse di Roberto Malatesta, figlio di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Sotto la supervisione di Francesco di Giorgio vennero probabilmente realizzati i bassorilievi raffiguranti le macchine più moderne e riconducibili alla tradizione ingegneristica senese. Gli studiosi hanno individuato le fonti iconografiche nei codici BAV Urb. Lat. 1757 (Codicetto), Opusculum de architectura (attualmente conservato al British Museum) e nelle opere di Mariano di Jacopo detto Taccola come il De mechanicis e De ingeneis


I motivi del Fregio 

Dalle testimonianze del tempo emerge che i 72 bassorilievi in pietra non ebbero solo un ruolo ornamentale. Al contrario. Essi avevano l’obiettivo di comunicare e di divulgare l’immagine pubblica di Federico di Montefeltro quale sintesi di pietas e gloria, giustizia e potenza, scienza e arte militare. Tale sintesi è anche indicata nel colophon della famosa Bibbia in due volumi posseduta dal duca urbinate: «non minus christianae religioni tuendae atque exornandae quam disciplinae militari amplificandae» (non meno intenti a custodire e abbellire la religione cristiana come a ricostruire la disciplina militare). In altre parole, le formelle avevano lo scopo di presentare e celebrare pubblicamente il potere militare e l’ingegno del duca Federico di Montefeltro, rappresentando mediante il linguaggio artistico macchine antiche e recenti, vessilli e strumenti. Non sembra rilevante il fatto che, come indicato da alcuni studiosi, tra le macchine rappresentate non compaiono quelle che al tempo erano considerate più all’avanguardia da un punto di vista tecnico. A Federico interessava principalmente dare un assaggio dei benefici civili e della potenza militare che potevano essere prodotti grazie alle applicazioni dell’ingegno.

Attualmente il fregio si presenta non in ottime condizioni. Dalle analisi effettuate, gli studiosi ritengono che l’usura potrebbe essere stata prevalentemente causata dagli eventi atmosferici e, in secondo luogo, considerato che il Fregio era posizionato sulla spalliera della facciata del Palazzo Ducale, dallo sfregamento prodotto dalle schiene delle persone. Al Fregio potrebbero aver lavorato Diotallevi di Urbino, maestranze toscane (come ad esempio Domenico Rosselli e Jacopo Cozzarelli), maestranze venete e maestranze lombarde. Risalgono a quegli anni la specializzazione degli artigiani di Sant’Ippolito nel mestiere di scalpellino. Tuttavia, gli studiosi ritengono che questi ultimi non vi hanno lavorato, anzi avrebbero appreso dalle molte maestranze venute a Urbino (in Vernarecci, A., Del Comune di Sant’Ippolito (prov. di Pesaro) e degli scarpellini e dei marmisti del luogo : con appendice di documenti, memorie pubblicate a cura del Comune di Sant’Ippolito, Fossombrone, Tip. di Francesco Monacelli, 1900). Sulla base delle indicazioni date da Bernardino Baldi nell’opera Descrittione del Palazzo Ducale di Urbino (1590), il materiale utilizzato per realizzare i bassorilievi è calcare massiccio ricavato dal Monte Nerone. Le più recenti analisi hanno appurato le notizie date da Baldi. Inoltre, dagli ultimi rilievi si possono desumere ulteriori informazioni riguardanti la conformazione del Fregio. E’ molto probabile che ciascun bassorilievo avesse un’altezza di 84 cm ma che le loro larghezze fossero variabili. Per quanto concerne la disposizione dei bassorilievi, alcuni di questi costituivano un unico blocco.

Il fregio ha lo scopo di presentare e celebrare pubblicamente il potere militare e l’ingegno del Duca Federico da Montefeltro, rappresentando mediante il linguaggio artistico macchine antiche e recenti, vessilli e strumenti. Non sembra rilevante il fatto che, come indicato da alcuni studiosi, tra le macchine rappresentate non compaiono quelle che al tempo erano considerate più all’avanguardia da un punto di vista tecnico. Principalmente al Duca Federico interessava dare un assaggio dei benefici civili e della potenza militare che potevano essere prodotti grazie alle applicazioni dell’ingegno. Per la sua conformazione e per le sue caratteristiche, il Fregio dell’arte della guerra è un unicum nel suo genere.

Ci sono altri casi di bassorilievi celebrativi, come quelli della Cappella dei Notari in S. Petronio di Bologna e della Certosa di Pavia. In questi casi però non sono scolpite macchine ma offerte votive e santi. Nei Musei Capitoloni è possibile individuare quadriremi scolpiti. Possiamo trovare ulteriori esempi di dipinti o bassorilievi raffiguranti macchine a Torlonia, dove è conservato un rilievo raffigurante un meccanismo per caricare e scaricare le navi.  Un altro esempio, al fine di mostrare l’importanza della tecnica, è  la macchina degli Haterii (https://m.museivaticani.va/content/museivaticani-mobile/it/collezioni/musei/museo-gregoriano-profano/Mausoleo-degli-Haterii.html). Questa macchina è stata studiata da Molari, La gru degli Haterii, VII Convegno di Storia dell’Ingegneria, AISI, Ed. Cuzzolin, Napoli, 2018  da Di Pasquale, Le macchine nel mondo antico : dalle civiltà mesopotamiche a Roma imperiale, Roma, Carocci, 2019.

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