Verricello e argano


Guidobaldo Del Monte, Mechanicorum Liber, Pisauri, Hieronymum Concordiam, 1577, pp. 106v-107r,
Pesaro, Ente Olivieri – Biblioteca e Musei Oliveriani.
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Federico Commandino, Pappi Alexandrini Mathematicae collectiones à Federico Commandino Vrbinate in latinum conversae, et commentariis illustratae, Pisauri, apud Hieronymum Concordiam, 1588,
Pesaro, Ente Olivieri – Biblioteca e Musei Oliveriani.

Descrizione del meccanismo

L’argano è una macchina semplice, in quanto non può essere scomposta in una macchina ancora più elementare. Nel Cinquecento l’argano era conosciuto come Asse nella ruota ed era impiegato sia per prendere l’acqua dai pozzi sia nei cantieri per sollevare pesi. Una variante dell’argano è il verricello. Il verricello agisce secondo una direzione orizzontale ed è quindi impiegato per trascinare pesi (1). L’argano invece agisce secondo una direzione verticale, pertanto è impiegato per sollevare pesi (2). Queste due macchine erano impiegate sin dall’antichità in supporto alle attività lavorative.

L’argano è costituito da un asse cilindrico mobile (tamburo) e da due supporti in modo da tenerlo elevato. L’asse è azionato imprimendo una forza su una ruota con manici o denti, la quale è saldamente ancorata all’asse. Nella parte centrale è solitamente fissata una corda legata al peso da sollevare o al secchio per il prelevamento dell’acqua. La forza impressa sui manici o denti permette la rotazione del tamburo e, di conseguenza, l’avvolgimento della fune. Nel Mechanicorum Liber di Guidobaldo del Monte viene spiegato il funzionamento dell’Asse nella ruota impiegando il principio della leva. Secondo del Monte, se noi applichiamo una forza (M) su un manico (F) per sollevare il peso (K), allora è come se le due forze fossero applicate rispettivamente ai bracci FC (la lunghezza del manico FD e raggio della ruota DC) e CB (raggio della sezione verticale del cilindro) di una leva FCB (3):

M : K = CB : (FD + DC)

Il funzionamento dell’Asse nella rota è esaminato anche nella Questione XIII del trattato aristotelico Questioni Meccaniche di pseudo-Aristotele. Secondo l’autore il tamburo è mosso più facilmente da manici lunghi anziché da manici corti. Questo accade perché possiamo associare la lunghezza dei manici ai raggi di un cerchio con il centro coincidente con quello della ruota. Se confrontiamo due circonferenze con perimetri diversi, i raggi del cerchio con circonferenza maggiore sono più lunghi dei raggi del cerchio con circonferenza minore. Seguendo ancora l’esempio aristotelico, se applichiamo una stessa forza, possiamo vedere che i raggi del cerchio con maggiore circonferenza si muovono più rapidamente (4). Questo accade perché in uno stesso tempo t, il raggio del cerchio maggiore copre una maggiore porzione di spazio rispetto al raggio del cerchio minore. L’autore delle Questioni Meccaniche nota, inoltre, che sotto la pressione di una stessa forza, a parità di lunghezza dei manici, gli argani più esili si riescono a muovere più facilmente di quelli massicci. Questo perché, ritiene l’autore, negli argani più esili vi è meno quantitativo di legno tra il manico e il centro della ruota, quindi c’è maggiore distanza tra il centro e il manico.

Possiamo applicare le riflessioni appena esposte anche alle analisi sul comportamento meccanico delle bilance. Se prendiamo in considerazione due bilance, una avente bracci lunghi 30 cm e l’altra avente bracci lunghi 10 cm, allora le bilancia costituita da bracci più lunghi dovrebbe essere più precisa di quella più piccola. Infatti, teoricamente una bilancia grande, e pertanto caratterizzata di una scala graduata maggiormente fornita di numeri, doveva essere più precisa di una bilancia piccola. Tuttavia, da un punto di vista pratico le cose sembravano funzionare diversamente rispetto a come la teoria suggeriva: ad esempio gli orafi e i commercianti di spezie utilizzavano bilance piccole per pesare anziché quelle grandi, nonostante queste ultime da un punto di vista teorico potessero sembrare più precise [1]. Il rinomato maestro d’abaco Niccolò Fontana, detto Tartaglia, per esempio, per preservare lo stretto rapporto tra quanto supposto teoricamente e quanto nella pratica effettivamente veniva riscontrato, osservava che, quando si aveva a che fare con le bilance fisiche, era necessario considerare che il peso delle stesse bilance poteva influire sulla sensibilità e sulla precisione di pesatura. Tuttavia, sempre secondo Tartaglia, nel caso di bilance costruite con lo stesso materiale ma di dimensioni diverse, le bilance piccole devono essere considerate più precise di quelle grandi, perché quelle piccole sono meccanicamente più leggere. Questa lettura di Tartaglia giustificava la scelta da parte degli orafi di utilizzare bilance più piccole per la loro attività[2].

Sempre sullo stesso tema il pesarese Guidobaldo del Monte scriveva al veneziano Giacomo Contarini «che la dimostratione [gli aveva] insegnato assai come si hanno da far l’esperienze, sopra le quali per chiarirsi bene bisogna[va] considerar molte cose: 1° che gli instrumenti siano piccoli più presto che grandi, come, per essempio, le taglie con le sue girelle, che se fusse possibile di farle di ottone con li sui assi di ferro, sotili sotili»[3]. In queste riflessioni soggiace la consapevolezza che la materia produceva resistenza e che quindi fosse necessario costruire strumenti con minor materia possibile. Nonostante i matematici del tempo avessero intuito la presenza di forze resistenti, ancora non avevano gli strumenti concettuali e matematici per calcolare quantitativamente l’attrito.

Sebbene il verricello e l’argano siano macchine molto antiche, oggi fanno parte della nostra vita quotidiana e lavorativa. Attualmente, queste macchine sono impiegate soprattutto in ambito nautico, edilizio e agricolo.

Nel Cinquecento con la riscoperta della letteratura matematica greco-ellenistica, le traduzioni in volgare e, di conseguenza, l’uso più sistematico della scienza della meccanica nell’attività lavorativa, gli ingegneri vengono gradualmente messi nella condizione di poter confrontarsi con i contenuti dei libri di Archimede, degli Elementi di Euclide e le Questioni Meccaniche e per dare un significato alla prassi in uso nei cantieri, migliorando le proprie tecniche. In questo periodo assistiamo all’incontro di due interessi convergenti: la riflessione teorica dei tecnici e la consapevolezza da parte dei “teorici” dell’utilità pratica dei testi dei matematici antichi rappresentano un fatto di enorme novità e che sarà alla base della stessa rivoluzione scientifica.

[1] Tartaglia, 1959, Libro Settimo. Secondo Tartaglia se consideriamo astrattamente le bilance, allora le più grandi sono più precise delle piccole; se invece consideriamo quelle reali, allora dobbiamo introdurre lo strano comportamento della materia. Per questo, scrive Tartaglia, i gioiellieri usano bilance piccole. Tartaglia non pensava che le bilance reali dovessero comportarsi in maniera diversa da quelle ideali, ma che si dovesse considerare le ideali come caso limite di quelle reali.

[2] Tartaglia, 1959, Libro Settimo. Secondo Tartaglia se consideriamo astrattamente le bilance, allora le più grandi sono più precise delle piccole; se invece consideriamo quelle reali, allora dobbiamo introdurre lo strano comportamento della materia. Per questo, scrive Tartaglia, i gioiellieri usano bilance piccole. Tartaglia non pensava che le bilance reali dovessero comportarsi in maniera diversa da quelle ideali, ma che si dovesse considerare le ideali come caso limite di quelle reali.

[3] Si confronti anche con il commento di Filippo Pigafetta, traduttore della versione volgare del Mechanicorum Liber, in Del Monte, 1581, Della Taglia, p. 64v: «Ne parmi etianto che ſi habbia ad hauere punto di riguardo alla picciolezza, et grandezza delle girelle poſte nelle taglie,et degli aſſetti ſuoi, credendo che per neceſſità habbiano da eſſere lauorati con miſura tale, et proportione co ſi accurata che mancando da quella non rieſcano le dimoſtrationi alla eſperientia;peroche, ſi come nota l’autore poco appreſſo, baſta che con certa conveneuole miſura, et proportione le girelle nelle taglie ſiano maggiori l’una dell’altra ſi fattamente che le corde non ſi tocchino e freghino fra loro, i coſi ven gano ad impedire i mouimenti delle poſſanze, et de peſi».

Bernardino Baldi, In mechanica Aristotelis problemata exercitationes, edizione anastatica, Nenci, E. (a cura di), Milano, FrancoAngeli, 2010, Questione XIII.
Agostino Ramelli, Le diuerse et artificiose machine del capitano Agostino Ramelli … Nelle quali si contengono uarij et industriosi mouimenti, degni digrandissima speculatione, per cauarne beneficio in ogni sorte d’operatione; composte in lingua italiana e francese, a Parigi, in casa dell’autore, 1588, CLXXX, tavola 295r,
Pesaro, Ente Olivieri – Biblioteca e Musei Oliveriani
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