I codici di Francesco di Giorgio Martini


Problemi attributivi e cronologici rendono la ricognizione dei codici di Francesco di Giorgio Martini un lavoro che ancora oggi appare essere parziale e incompleto. Ciononostante, sulla base degli studi di Massimo Mussini e di Corrado Maltese, è possibile abbozzare un elenco dei disegni martiniani e collocarli temporalmente.

1 Biblioteca Apostolica Vaticana (d’ora in poi BAV), Urb Lat. 1757 (Codicetto):

Gli studiosi concordano nel ritenere il cosiddetto Codicetto uno dei primi lavori di Francesco di Giorgio Martini. Esso venne composto probabilmente tra il 1465 e il 1476. Una delle prime testimonianze del codice risale al catalogo (1632) della biblioteca di Casteldurante di Francesco Maria II della Rovere.

2 Opusculum de architectura (codice 197.B.21, conservato al British Museum, già codice Harley 3281):

Il codice, autografo di Francesco di Giorgio Martini, venne composto tra il 1474 e il 1477 e probabilmente offerto al duca Federico da Montefeltro, come indicato nella prefazione. Fino al XVII secolo il codice era presente nella biblioteca di Urbino. L’Opusculum de architectura è tra le principali fonti iconografiche dei bassorilievi in pietra (formelle) che fino al 1756 occupavano la facciata esterna del Palazzo Ducale di Urbino.

La prefazione del codice conservato al British Museum è in alcuni punti danneggiata. Le lacune possono essere colmate grazie alla copia per il Duca di Savoia Emanuele Filiberto fatta realizzare da Guidubaldo II della Rovere : 

Ad inclytum Principem Federicum Urbinatum Ducem Francisci Georgii Senensis in opusculum de architectura ab ipso pictum atque excogitatum praefatio:

Alexander ille macedo cuius ob res bellicas egregie mirificeque gestas memoriam nulla umquam tempora abolebunt, Illustrissime Princeps, tum ceteris summi ingenii artibus tum Architectura mirum in modum dicitur delectatus, cuius rei et alla comprobantia [inters]unt et in primis Dinocrates architectus ea aetate praestantissimus qui cum eo Rege Asiam peragravit, Alexandriamque urbem aegypti praecipuam in Nili hostio ad formam macedonicae clamidis metatus est. Nec immerito vir ille natus Imperio hanc solertis ingenii partem adamavit, sine qua neque urbium oppugnationes nec munitiones castrorum nec plurima alla ad Imperii tutamen hostiumque impugnationem fieri possunt. Caesar quoque Julius Vetruvium architectum in castris aliquandiu habuit, magnaque benivolentia et familiaritate prosecutus est. Sed ne vetera commemorando sim longior, ades tu aetatis nostrae specimen verae antiquitatis exemplum, qui cum ceteras bonas artes tum hanc Architecturae solertiam situ interire non pateris. Ego vero cum complura memoratu dignissima incognitaque aliis meo ipsius ingenio (quod sine arrogantia dictum accipi velim) adinvenissem, cuperemque hoc munere Principem aliquem impartire, Tu profecto mihi longe caeteris anteferendus occurristi, quem nostris laboribus dignissimum judicarem. Quid enim convenientius fieri potuit quam tibi hoc opus dicare qui immortalibus tuis rebus gestis Italiam illustrasti, et in magnis artis militaris operibus praestantibusque Palatiis et arcibus condendis architectorum opera utaris assidue? Qui cum ipse ingenio plurimum floreas aliorum ingenia non amare nequeas. Itaque laeto animo hoc munusculum accipias imitatus Artaxersem illum Persiae nobilissimum regem qui etiam aquam cavis manibus haustam a porrigente Agricola benigne suscepit: quippe hominis studium animique fidem magis quam opus ipsum aestimandum censebat. Illud meo iure videor posse polliceri multa futura hic, quae D.ni tuae et conducant non modicum, eamque plurimum sint oblectatura. Sed advertendum non omnia quae in hoc codice continentur adamussim potuisse graphidis ratione declarari, complurima nam potius in ipsa mente et ingenio quam pictura et delineationibus valeant patefieri. Praeterea in opere ipso quaedam eveniunt quae numquam sunt ab artifice cogitata; quare longa rerum experientia et lectione diutina ac praecipue agili ingenio architectus praeditus esse oportet, ne ad ea quae impremeditata contingunt imparati offenduntur. (pubblicato da Promis, 1841, pp. 104-105).

Gli studiosi ritengono che il codice ora conservato al British Museum sia uno dei due codici attribuiti a Francesco di Giorgio Martini e segnalati nell’Indice Vecchio (BAV, Urb. Lat. 1761) compilato da Agabito di Urbino ed edito da C. Stornajolo in Codices Urbinates graeci, Romae, ex Typographeo Vaticano, 1895, pp. LIX-CLXXIV.

Nell’edizione di Stornajolo sono registrate due voci:

I) «Francisci Georgii Senensis Architectura cum picturis ab eodem excogitatis et pictis ad Divum Federicum Urbinatum ducem regium imperatorem et Sanctae Romanae Ecclesiae perpetuum dictatorem opus quidem aspectu pulcherrimum. In rubro», con nota «(habuit Batista Comandinus. Restituit)» (Indice Vecchio n. 294);

II) «Francisci Georgii senesi liber de instrumentis bellicis et de aliis machinis sive historia cum prohemio tantum ad illustrissimum Federicum feretranum», con nota «Videtur mihi iam apposuisse in hoc. Idemque non invenio. (positus inter Cosmographos ad centrum)» (Indice Vecchio n. 607). 

Secondo Marcella Peruzzi (in S. Bettini, Intorno a Francesco di Giorgio: un codice di macchine civili e militari della collezione Santini, Esame codicologico e provenienza a cura di Marcella Peruzzi, in Some degree of happiness. Studi di storia dell’architettura in onore di Howard Burns, a cura di M. Beltramini e C. Elam, Pisa 2010) la prima voce corrisponde probabilmente all’Opuscolum de architectura. Sempre secondo l’esame della studiosa, la nota in corrispondenza del codice Indice Vecchio n. 294 è di una mano diversa da quella di Agabito di Urbino, autore dell’inventario, e dovrebbe corrispondere a quella del successivo bibliotecario Federico Veterani. Pertanto la nota risalirebbe al 1520-1530. Da una esame calligrafico, Peruzzi ipotizza che Veterani potrebbe essere stato l’autore anche della seconda voce (Indice Vecchio, n. 607) e della corrispondente nota. Sempre secondo Peruzzi, quando Battista Commandino restituì il codice, Veterani creò un’ulteriore voce (Indice Vecchio, n. 607) perché, a causa di un calo rilevante della vista, non trovava la collocazione appropriata. In seguito, individuata la corretta collocazione (Indice Vecchio, n. 294), Veterani provvide ad annotare a margine del n. 294 l’avvenuta restituzione da parte di Battista Commandino e depenna il n. 607 che lui stesso aveva creato, segnalando qui a margine che il codice è «positus inter Cosmographos ad centrum». A sostegno dell’ipotesi, Peruzzi fa notare che il tema del codice n. 607 è diverso dai temi degli altri libri che compongono la sezione. Pertanto, la collocazione del codice n. 607, incoerente con il resto della sezione, sarebbe giustificabile solo ammettendo l’errore del bibliotecario.

Invece, secondo Francesco Paolo Fiore (F. P. Fiore, Città e Macchine del ‘400 nei disegni di Francesco di Giorgio Martini, Firenze, 1978) , il codice Indice Vecchio n. 607 sarebbe il codice dato da Francesco di Giorgio Marini a Federico da Montefeltro e avrebbe le stesse caratteristiche descrittive e di legatura del codice Opusculum de architectura. Secondo Fiore, la collocazione è da ritenersi coerente, in quanto dal codice n. 428 al codice n. 433 dell’Indice Vecchio sono i collocati i codici di Vegetio, Valturio, Frontino. Mentre il codice Indice Vecchio n. 294 è accanto a codici riguardanti l’architettura in generale, come i codici di Vitruvio e di Leon Battista Alberti. Secondo Fiore il codice  Indice Vecchio n. 294, ora perduto, è stato composto a Urbino.

3 Trattato di architettura (codice Zichy, ms. 09.2690), Biblioteca Municipale Szabó Ervin di Budapest (Ungheria):

Il codice, compilato dal veneziano Angelo Cortivo, risale agli anni 1490-1500. Esso contiene la traduzione italiana del De architectura di Vitruvio e alcuni disegni riconducibili alle decorazioni del Palazzo Ducale di Urbino. La maggior parte degli studiosi ritengono che queste parti appena citate del codice siano state realizzate da Francesco di Giorgio Martini sulla base del codice BAV, Urb. Lat. 293 durante la sua permanenza a Urbino, ovvero tra il 1477 e il 1480. Quest’ultimo codice e il codice BAV, Urb. Lat. 1360 erano al tempo conservati presso la biblioteca urbinate. Il codice Zichy è diviso in quattro parti: disegni architettonici; liriche; traduzione parziale dei Libri I-VII del De architectura di Vitruvio; proto-trattato di architettura con una introduzione dedicata ai principi di geometria riconducibile a una volgarizzazione degli Elementi di Euclide.

4 Trattato di architettura civile e militare (codice Ashburhnam 361), Biblioteca Laurenziana (Firenze):

Il codice risale al 1480-1482 circa (la fase preparatoria può essere collocata tra 1478 e il 1481). Quattro fogli del codice originale (Fogli Reggiani, mss regg. A.46.9 bis) sono conservati presso la Biblioteca Municipale di Reggio Emilia.

5 Trattato di architettura civile e militare (codice Saluzziano 148), Biblioteca Reale (Torino):

Il codice risale agli anni 1478-1486 (la fase preparatoria può essere collocata tra 1478 e il 1481). Secondo alcuni studiosi le pagine con disegni di monumenti antichi sono da considerarsi separate e realizzate intorno al 1486.

6 Trattato di architettura civile e militare (codice Senese,  S. IV.4.), Biblioteca Comunale degli Intronati (Siena): 

Il codice risale al 1496-1497 (la fase preparatoria può essere collocata tra 1487 e il 1489).

7 Trattato di architettura civile e militare (codice Magliabechiano, II.I.141), Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze:

Il codice è stato scritto tra il 1497 e il 1500 (la fase preparatoria può essere collocata tra 1478 e il 1481) probabilmente dallo stesso Francesco di Giorgio Martini. Il manoscritto è stato pubblicato da Promis nel 1841. Il codice contiene anche la Traduzione di Vitruvio realizzata sempre da Francesco di Giorgio Martini.

Altri codici:

Fogli Chigi Saracini (Collezione Chigi Saracini, Siena, data 1498-1501 circa, autografo di Francesco di Giorgio Martini);

Trattato di architettura civile e militare (codice Beinecke 491, Beinecke Library, Yale University, New Haven, data 1510-1520);

Disegni di macchine e architetture militari (codice G.3.5.3., Biblioteca Bertoliana, Vicenza, data 1510-1520);

Trattato di architettura civile e militare (codice Marciano 5541 “Ms. It. IV.3-4”, Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, data 1510-1520);

Opera di architettura (codice Spencer 129, Public Library, New York, data 1520-1530);

Libro di macchine (codice It.421α.G.4.21., Biblioteca Estense, Modena, data 1520-1550);

Trattato di architettura militare codice A, coll. E.2.I.28, Accademia di Belle Arti di Firenze, data 1530-1540;

Opusculum de architectura (Serie Militare 383, Biblioteca Reale di Torino, data 1568, realizzata per il Duca di Savoia per volontà di Guidobaldo II della Rovere dall’originale ora conservato al British Museum).

Tra i numerosi codici che contengono disegni d’ispirazione martiniana, ricordiamo quelli compilati in ambiente urbinate:

-BAV Urb. Lat. 1397: 

Il codice risale al Cinquecento ed è probabilmente quello indicato da Venturelli nel Bav, Vat. Lat. 10482, c. 29r nell’indice dei manoscritti urbinati. Bernini Pezzini propone di associare l’autore a Girolamo Genga. Il codice è realizzato sulla base delle formelle urbinati, probabilmente utilizzando i cartoni preparatori (P. Galluzzi, I.f.6, in Prima di Leonardo: cultura delle macchine a Siena nel Rinascimento, catalogo della mostra, a cura di P. Galluzzi, Milano 1991).

-Codice Santini (collezione dell’Avvocato Santini, Urbino, data prima metà del Cinquecento):

Il testo presenta disegni realizzati a penna e riconducibili al BAV Urb. Lat. 1757, Opusculum de Architetectura e al BAV Urb. Lat. 1397. Molti disegni, alcuni non presenti in altri codici, riproducono la rappresentazioni impresse sui bassorilievi che un tempo occupavano la facciata del Palazzo Ducale di Urbino.

Secondo Gustina Scaglia il codice (datato 1480 circa) è da attribuire a qualche collaboratore di Francesco di Giorgio Martini e rappresenta il testo preparatorio per la realizzazione dei bassorilievi del Palazzo Ducale di Urbino. Invece secondo Galluzzi il codice è stato composto intorno al 1500 sulla base del fregio architettonico del Palazzo Ducale o sulla base di un codice contenente i disegni preparatori ora perduto (P. Galluzzi, I.f.5, in Prima di Leonardo: cultura delle macchine a Siena nel Rinascimento, catalogo della mostra, a cura di P. Galluzzi, Milano 1991 ).

Marcella Peruzzi ipotizza che l’autore del codice sia Giovanni Battista Comandino, ingegnere militare al servizio di Francesco Maria I della Rovere e padre del matematico filologo Federico. Alla base della sua ipotesi colloca una nota di prestito a nome di Giovanni Battista Commandino registrata intorno al 1525-1530. Nella nota si certifica che viene preso in prestito dalla Biblioteca ducale il codice n. 294, che secondo Peruzzi coincide con l’Opusculum de architectura. L’Opusculum de architectura è il manoscritto consegnato da Francesco di Giorgio Martini al duca Federico, ora conservato al British Museum, e dal quale il codice Santini trae il maggior numero di immagini. Secondo sempre Marcella Peruzzi, il codice Santini sarebbe stato donato da Battista Commandino al duca urbinate e corrisponde al codice segnalato come mancante nell’ultimo inventario della Biblioteca di Urbino redatto nel 1632 da Francesco Scudacchi. Scrive Peruzzi (in Bettini, cit.) che “alla c. 192r si è potuto rilevare che, al di sotto del tratto che depenna un item ed affiancato dalla scritta «manca», è leggibile la seguente descrizione: «Francisci Giorgii senensi Machinae in 4º, manoscritto in carta pergamena, legato in corame rosso. È nella 3º scansia all’ordine n. 7». Tale descrizione corrisponde alle caratteristiche codicologiche e contenutistiche del manoscritto in esame”. Pertanto, seguendo l’ipotesi di Peruzzi, il codice Santini comparve probabilmente nella biblioteca di Urbino dopo la compilazione dell’inventario del 1498 da parte di Agabito di Urbino e rimase nella biblioteca fino al 1632. Infatti, nell’inventario redatto nel 1498 sono assenti riferimenti che possono far supporre che in quella data il codice Santini fosse nella biblioteca ducale. Mentre nell’inventario redatto nel 1632 da Francesco Scudacchi il codice riconducibile al codice Santini, secondo l’ipotesi di Marcella Peruzzi, è registrato come mancante.

-Disegni di macchine (Ashburhnam 1357 bis, Biblioteca Laurenziana di Firenze, codice datato 1500-1550):

La scritta sul frontespizio “Mutii de Oddis Urbinatis” fa pensare che l’urbinate Muzio Oddi sia l’autore, mentre ne fu probabilmente solo il possessore. Il codice, secondo Lamberini (D. Lamberini, I.k.2, in Prima di Leonardo: cultura delle macchine a Siena nel Rinascimento, catalogo della mostra, a cura di P. Galluzzi, Milano 1991), venne realizzato in ambiente fiorentino. Esso contiene codici di chiara ispirazione martiniana e taccoliana. Alcuni disegni sono stati ottenuti mediante la tecnica del ricalco.

Organa Mechanica (Biblioteca Marciana di Venezia, Cod. Lat., cl. VIII, 87 [=3048], codice cinquentesco):

Il codice risale al Cinquecento e contiene disegni tracciati a penna senza usare la tecnica del ricalco. Essi sono d’ispirazione martiniana e taccoliana. Molti dei disegni ricordano i bassorilievi del Palazzo Ducale di Urbino. Come dichiarato nelle pagine iniziali, il codice è appartenuto al pesarese Guidobaldo del Monte. Vincenzo Fontana (V. Fontana, Il theatro delle macchine di Guidobaldo Del Monte. Introduzione e commento, in Guidobaldo dal Monte [attr.], Organa Mechanica, 1999, edizione facsimile del codice Organa Mechanica conservato presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Cod. Lat., cl. VIII, 87 [=3048], XVI secolo, mm. 162 x 119) ritiene, senza tuttavia addurre prove consistenti, che il codice sia un’esercitazione preparatoria al Mechanicorum Liber o un’opera di Girolamo Genga (in tal caso la realizzazione risalirebbe tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento). Secondo Daniela Lamberini (D. Lamberini, I.h.5, in Prima di Leonardo: cultura delle macchine a Siena nel Rinascimento, catalogo della mostra, a cura di P. Galluzzi, Milano 1991)  il codice poteva servire “da modello anche per macchine da lui stesso [del Monte] progettate”. Il legame tra l’ambiente veneto e Guidobaldo è tracciato sia dalla sua frequentazione dell’Università di Padova sia dai suoi interlocutori, nonché esponenti della cultura patavina del tempo, come Giacomo Contarini, Filippo Pigafetta, Giulio Savorgnan e Gian Vincenzo Pinelli. 

Secondo Sergio Bettini (in Bettini, cit.), la principale fonte dell’Organa mechanica è il codice Santini. La notizia è condivisa anche da Molari e Molari (Molari L., e Molari P.G., 2006, «Una cartolina firmata da Francesco di Giorgio nelle formelle del palazzo ducale di Urbino», in Nota Tecnica 184, DISTART Università di Bologna, a cura di Anodio et alii, AIAS 2006 Atti del XXXV Convegno Nazionale, 13-16 settembre 2006, Ancona). Sempre secondo Bettini (in Bettini, cit.), seguendo Vitruvio, De architectura, cit., X, 1, 3, II, la disposizione dei disegni segue non tanto il funzionamento delle macchine, ma quanto le forze umane impiegate, cioè “quelle che richiedevano il concorso di un solo operatore (machinae) e quelle che necessitavano di più persone (organa)”.
Fonte: Massimo Mussini, “La trattatistica di Francesco di Giorgio: un problema critico aperto”, in Fiore e Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio architetto, Electa, 1994.

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