Vite senza fine


Descrizione del meccanismo

La vite senza fine è caratterizzata da scanalature ravvicinate elicoidali (1). Essa può essere utilizzata per trasmettere energia meccanica mediante l’azione diretta su un’altra vite o su una ruota dentata. Tale meccanismo era frequentemente impiegato come ingranaggio in sistemi per macinare e per sollevare pesi. L’ingranaggio a vite è un forte riduttore di velocità, in quanto, agendo sulla velocità di rotazione di un’altra vite o di una ruota dentata, permette di ridurre la velocità in uscita.

Considerando che, a parità di potenza, quanto si perde in velocità si guadagna in forza secondo la seguente formula P=F·v , dove P è la potenza, F è la forza e v è la velocità, l’ingranaggio a vite permette di ridurre lo sforzo necessario per sollevare corpi pesanti.

Un caso particolare di vite senza fine è la coclea, meglio conosciuta come vite di Archimede, nota fin dai tempi antichi (2). Alcuni studiosi ritengono che il suo principio fosse già impiegato anche dai Sumeri per sollevare acqua. In funzione di questo impiego, la coclea era solitamente fornita di un mantello esterno fisso di protezione. Benché nata in tempi remoti, la coclea ha sempre affascinato gli ingegneri per la sua particolare caratteristica che la rendeva quasi “magica” e apparentemente contraddittoria: cioè il fatto che essa permettesse di innalzare l’acqua mediante una successione continua di cadute all’interno della vite elicoidale. Nel Rinascimento la coclea era principalmente utilizzata per il trasporto di granulati e per il sollevamento dell’acqua, in modo che potesse essere disponibile sia per il fabbisogno umano e animale sia per l’irrigazione dei terreni. Nel De Architectura, Libro X, Capitolo XI Vitruvio descrive come costruire la coclea. L’architetto senese Francesco di Giorgio Martini nel codice Saluzziano scrive: <Faccisi la vite nel canale coverta nel sopra scritto modo, salvo che daccapo in nello stile e guida sue è ‘l dentato rocchetto in nel quale i pani della vite a uso di naspo guidando facilmente move, è l’acqua nella galazza per piccolo canaletto entrando nella altezza versarà, siccome la figura XIII mostra>. Il matematico pesarese Guidobaldo del Monte inserisce nel Mechanicorum Liber un capitolo dedicato alla coclea, spiegandone il funzionamento dal punto di vista geometrico e riducendola al principio della leva. Alla coclea Guidobaldo avrebbe anche dedicato un intero trattato, De Cochlea, uscito postumo nel 1615.

Attualmente la vite senza fine è utilizzata in edilizia e in ambito agricolo. Il principio della coclea è utilizzato anche per l’escavazione, in questo caso è chiamata trivella.

(1) Vite senza fine nelle Collezioni Matematiche di Pappo, tradotte da Commandino
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